Ricetto di Candelo

Ricetto di Candelo, uno dei borghi più belli d’Italia, è un vero e proprio sistema medievale dinamico, non un semplice monumento. Situato a pochi km da Biella, la sua visita suscita emozioni profonde. Camminare tra le vie acciottolate è come respirare la storia, andare “su e giù” per il Medioevo alla scoperta di momenti legati alla cultura contadina, perdendosi nella magia di un luogo unico.

Se ci si avvicina all’antico borgo risalendo il pendio rivolto verso il torrente Cervo, Ricetto di Candelo si presenta al turista come una complessa struttura piena di vitalità. Un’alternativa per apprezzarne la grandezza è accostarsi dal basso, percorrendo il sentiero esterno al muro sud, da dove si ammira l’imponenza delle alte torri che sorvegliano il perimetro.

Il borgo fortificato è caratterizzato da forti mura che ne segnano quasi completamente l’intero perimetro, ad eccezione del lato sud dove venne eretto nel 1819 il Palazzo Comunale. Fu costruito come un grande ‘granaio’, voluto dalla gente per stipare le riserve di cibo e ottenere riparo in caso di conflitto, che dall’alto li osservava durante i lavori nei campi della piana sottostante e li proteggeva in caso di pericolo. Un tetto sicuro in cui rifugiarsi in caso di bisogno come signica la parola ricetto dal latino receptum ossia rifugio.

Il territorio del Comune di Candelo ospita, oltre al Ricetto, un unicum a livello naturalistico, la Riserva naturale della Baraggia e un parco wildness dall’aspetto simile a una savana. Immerso e circondato dalla vegetazione, si accende di giallo delle ginestre in primavera, del rosa violetto e del brugo a fine estate e dei caldi toni della felce in autunno. Un territorio che in qualsiasi stagione lo si visiti offrirà un colorato e meraviglioso panorama.
Alla Baraggia si arriva attraverso i declivi erbosi dove, tra acacie e ontani, sorgeva Ysangarda, un luogo mitico e insieme reale. Qui sorgeva una rocca, il cui toponimo è composto dai due termini in lingua germanica Ysen, da isr (= sacro), e gard (= recinto), avendo pertanto il significato di “spazio sacro”.
Famoso non solo per la sua storia e bellezza, Ricetto offre anche eccellenze enogastronomiche come la paletta candelese: un salume costituito dalla scapola di suino sgrassata e refilata, salata e massaggiata manualmente e prodotta secondo tradizione in limitate quantità, il salam‘d l’ula o i tipici dolci croccanti del Ciavarin. Ma anche a livello vitivinicolo Ricetto di Candelo è molto importante tanto che ha sede l’Enoteca Regionale della Serra con le sue produzioni vitivinicole di pregio non solo del Biellese, ma dell’intero Piemonte

Ricetto di Candelo è anche un borgo perfetto da visitare coi bambini. La loro fantasia troverà un fertile terreno per rivivere l’epoca medievale, tra eroici cavalieri e principesse da salvare.

Sacro Monte di Oropa

Luogo di accoglienza, di contemplazione e di preghiera, il Santuario di Oropa è inserito in una cornice naturale di assoluta bellezza. Distante poco più di una decina di km da Biella e collocato a 1200 metri s.l.m. nell’anfiteatro delle Alpi Biellesi, è il più importante Santuario delle Alpi. Formato da centinaia di stanze, all’interno del complesso il turista percepisce subito la sensazione di ospitalità che da secoli viene offerta ai pellegrini. Può ritemprare lo spirito visitando le due basiliche e ristorarsi in uno dei numerosi ristoranti, dove si possono gustare le specialità enogastromiche del territorio. Secondo la tradizione l’origine di Oropa risale al IV secolo, per opera del primo vescovo di Vercelli e del Piemonte, Sant’Eusebio. Lo sviluppo del Santuario subì diverse trasformazioni nel corso dei secoli, diventando via via luogo di destinazione per un crescente numero di pellegrini e raggiungendo le monumentali dimensioni odierne. Il Sacro Monte si propone come un’ascensione sul sentiero che fiancheggia il Santuario di Oropa: la salita è ritmata da dodici cappelle popolate da gruppi di statue in terracotta che narrano la vita di Maria. Rispetto ad altri Sacri Monti quello di Oropa si propone come percorso catechetico e devozionale che integra la visita del grande complesso con le proposte religiose connesse. Cuore spirituale del Santuario è la Basilica Antica realizzata nel Seicento, al suo interno è custodita la statua della Madonna Nera realizzata in legno di cirmolo. Una curiosità che caratterizza il sito di Oropa è la partecipazione dei borghi del Biellese all’edificazione del Sacro Monte: ogni cappella è stata finanziata e sostenuta dalle comunità locali, in una sorta di ideale gemellaggio.

NOTE:

Sacro Monte di Varallo

Il Piemonte è una terra ricca di bellissimi luoghi da vedere e scoprire. In Valsesia si trova uno di questi meravigliosi posti che vale assolutamente la pena visitare: sullo sperone roccioso che sovrasta la città di Varallo, alla fine del XV secolo il frate francescano Bernardino Caimi progettò una piccola Terra Santa. Fece costruire modesti edifici dall’aspetto rurale che riproducevano i principali luoghi di Gerusalemme legati alla vita di Cristo rievocando al loro interno gli episodi che vi erano accaduti con statue e pitture.

Il Sacro Monte di Varallo, il più antico e rappresentativo tra i Sacri Monti presenti nei territori del Piemonte e della Lombardia, è stato dichiarato nel 2003 Patrimonio Mondiale dell’Umanità dell’Unesco. Costituito da 44 cappelle affrescate e una basilica, ci sono voluti circa due secoli affinché venisse terminato. Le cappelle, dislocate in un percorso di vie e piazzette, sono affrescate con oltre 4.000 figure e arricchite da circa 400 statue raffiguranti tutte scene della vita di Gesù Cristo e della Madonna. Diversi artisti, pittori e scultori, hanno lavorato alla realizzazione di questo complesso di edifici: fra i più importanti c’è anche Gaudenzio Ferrari, che collaborò con Beato Bernardino Caimi proprio durante la fondazione del complesso.

Raggiungibile tramite una funivia, attualmente un gruppo di volontari formati sono a disposizione per accompagnare i visitatori per tour guidati del complesso, e vi faranno entrare nell’anima di questo luogo raccontandovi le storie e gli artisti che ad esso sono legati.

NOTE: La Basilica rispetta i seguenti orari: dalle 8.30 alle 12.20 – dalle 14.15 alle 18.30. Il servizio della funivia invece segui l’orario estivo: Lunedì – Venerdì: 9:00 – 18:00, Sabato – Domenica e Festivi: 9:00 – 19:00

Museo Walser di Alagna

Visitare il Museo Walser situato a Pedemonte, una piccola frazione poco distante da Alagna, è un viaggio nel passato in cui riscoprire la vita che la popolazione di origine tedesca conduceva un tempo.

L’antico caseggiato che ospita il Museo datato 1628, è stato ceduto all’Unione Alagnese alla condizione che venisse attrezzato e destinato esclusivamente a diventare museo etnografico degli usi e costumi della popolazione di Alagna.  Molti alagnesi diedero il loro contributo donando oggetti ed arredi e svolgendo gratuitamente i lavori di ristrutturazione, allestimento, esposizione e catalogazione degli oggetti: esempio esaustivo di “wïtte mu hed aswenn glebed im Land” ossia, in walser, “Come si viveva una volta in Alagna”, scritta visibile tutt’oggi di fianco alla biglietteria. L’allestimento del Museo consente di ammirare queste costruzioni, integrate perfettamente nel panorama montano, e di visitare tutte le stanze allestite con mobili, arredi, attrezzature e oggetti vari dell’epoca walser, tutti molto semplici ma ingegnosi come, ad esempio il poppatoio ricavato da un corno di bovino o il tavolo ribaltabile per ridurre al minimo l”ingombro. Utensili per la lavorazione del latte, del legno, attrezzi per i lavori agricoli, arredi, telai per la tessitura, abbigliamento, vi è raccolto tutto ciò che serviva alla vita quotidiana dell’antica popolazione.

Il Museo etnografico rappresenta una vera e propria memoria storica e uno strumento per ricostruire gli aspetti sociologici e antropologici della cultura walser.

NOTE: consigliamo sempre di contattare la struttura via mail per eventuali cambiamenti di orario
Orario di Agosto: tutti i giorni 10.00 – 12.30 / 15.00 – 18.30

La frazione walser: Pedemonte

Pochi minuti dal centro di Alagna Valsesia e subito ci si trova immersi in un ambiente incredibile dove il tempo pare essersi fermato da secoli. Case in legno dalle splendide architetture walser si affacciano su una piazzetta con due fontane monolitiche destinate all’abbeverata degli animali e del lavaggio di bucato, stoviglie ed attrezzi.

E’ oggi sede del Museo Etnografico walser dell’alta Valsesia, la sua visita dà l’opportunità di conoscere da vicino il sistema edilizio della casa Walser abitata da più nuclei familiari e ideata in modo da ospitare sotto lo stesso tetto stalla, abitazione e granaio.  La visita al museo e degli usi e costumi tipici di Alagna ambientati nella casa museo walser sono in grado di creare suggestioni e fantasticherie stimolanti a tutti i visitatori.

Il Supervulcano della Valsesia

La Valsesia è un territorio estremamente interessante per i geologi di tutto il mondo. 290 milioni di anni fa, nella zona che si estende da Balmuccia fino a Prato Sesia era attivo un vulcano che dopo 10 milioni di anni di attività entrò in una fase di inattività fino a collassare su se stesso proprio nella Valle. L’eccezionalità della Valsesia e delle aree limitrofe del Sessera e del Toce è proprio quello di essere un laboratorio a cielo aperto che permette di studiare più facilmente rocce e minerali vulcanici che di solito si trovano a profondità inaccessibili.

A Settembre 2013 il “Sesia – Val Grande Geopark”, costituito dall’area del Supervulcano da parte del territorio della Valsessera (BI) e dal Parco nazionale della Val Grande (VCO), è stato inserito nella Rete Internazionale dei Geoparchi UNESCO.

Il popolo Walser in Valsesia

Erano popolazioni Sassoni che si definivano “Titsch” e che, intorno all’ VIII secolo, iniziarono a spostarsi verso l’alto Vallese prima di migrare ulteriormente in varie località alpine d’Italia, Svizzera, Liectenstein e Austria.

Fondarono tra il XII e XIII secono 6 colonie a sud del Monterosa: Alagna, Riva Valdobbia, Rima San Giuseppe, Carcoforo, Rimasco e Rimella; tracciarono sentieri, resero le terre abitabili e coltivabili convivendo con una natura dominata da ghiacci e roccia. A causa del loro linguaggio germanofono furono una popolazione isolata; tale isolamento permise però la conservazione di tradizioni, abitudini e caratteristiche come riti religiosi, costumi, alimentazione che iniziò a mutare con l’emigrazione stagionale e la scolarizzazione dandogli il volto che noi oggi conosciamo.

Ad Alagna si può visitare il Museo Walser all’interno del quale sono esposti strumenti di uso comune e viene raccontata la vita quotidiana e la cultura di questa popolazione a partire dall’edificazione delle tipiche case, all’interno delle quali era stato creato un sistema efficiente che ben si adattava alle loro esigenze in un ambiente così ostile.

Villa Nigra a Miasino

Situata al centro del paese di Miasino, Villa Nigra rappresenta nella zona del Lago d’Orta una delle più eleganti case di campagna della nobiltà novarese. Costituita da tre corpi che, pur realizzati in tre differenti secoli, XVI, XVII, XVIII, le donano armoniosità, eleganza e vivacità. Storicamente appartenuta alla Famiglia Martelli venne ereditata dall’architetto Carlo Nigra, che effettuò interventi migliorativi rendendo ancor più signorile l’abitazione: sistemò il parco adiacente, vennero restaurati gli affreschi, caratterizzati da particolari effetti ottici, che ricoprono le facciate sul cortile.
Una piccola curiosità storica: le serre della Villa, durante il periodo della prima guerra mondiale, venivano utilizzate per sperimentare un impasto funzionale composto da vecchi giornali e paraffina che veniva inviato ai soldati con lo scopo di scaldarli.

Linea Cadorna di Ornavasso

L’itinerario che proponiamo oggi è alla scoperta della linea Cadorna di Ornavasso, un insieme di fortificazioni costruite durante il primo conflitto mondiale per volere del generale Cadorna per contrastare un eventuale attacco austro – ungarico.

Il tratto di Ornavasso fa parte del complesso e assolutamente innovativo sistema difensivo voluto dal generale e di cui qui potete trovare un approfondimento.

Il percorso comincia nel piazzale della Punta di Migiandone dove vi sono posti, come testimoni della presenza di strutture fortificate, due cannoni all’inizio della strada militare.

Il percorso, nonostante la costante pendenza, è abbastanza facile e poco complesso ed è adatto anche ai più piccoli: le prime che si incontrano sono delle trincee rese particolari dalle loro gallerie d’accesso e alle postazioni per mitragliatrici. Continuando il percorso dopo una mezzoretta di pedalata, si arriva al “Forte di Bara” una postazione fortificata che ospitava cannoni a lunga gittata, e da dove si domina l’intera valle sottostante offrendoci un meraviglioso panorama caratterizzato, in autunno, dal fenomeno del “foliage” ossia una colorazione particolare delle foglie che appaiono ai nostri occhi con varie tonalità di giallo, arancione, rosso, viola e perfino marrone che ci permette di immergerci a 360° in questa stagione.

Dopo una breve pausa per godere di questi fantastici paesaggi che solo queste zone possono offrire, continuiamo la nostra pedalata, e a differenza della Linea Cadorna del Varesotto, quella dell’Ossola oltre ad avere fortificazioni militari è caratterizzato dalla presenza di edifici religiosi. Il più importante è il Santuario del Boden che domina il paese di Ornavasso e il fiume Toce, situato su una fascia pianeggiante e circondato da fitti boschi di castagno.

E’ una costruzione non molto grande, semplice, immersa nel boschi e con un piccolo piazzale con davanti delle panchine, tutto concorre a creare una sensazione di tranquillità e fare diventare questo luogo una tappa praticamente obbligata della nostra gita.

La leggenda narra dell’apparizione della Madonna nel 1528 che salvò una verginella caduta in un dirupo e ha reso nel corso dei secoli questa chiesa un luogo di forte devozione.

La Madonna del Boden è tra l’altro la patrona dei ciclisti del VCO e dal 2011 gemellata con il Santuario della Madonna del Ghisallo, patrona universale dei ciclisti.

Terminata la visita, senza dimenticarci di assaggiare la miracolosa acqua del Santuario, riprendiamo la via del ritorno percorrendo la Via Crucis o Strada dei pellegrini che termina alla chiesa parrocchiale di San Nicola di Ornavasso. Pedalando lungo la via del ritorno, alzando lo sguardo possiamo notare in lontananza la torre del Santuario “della Guardia” che rappresenta la sua maestosità e soprannominato così per la sua funzione di guardia già a partire dal 1600.

Linea Cadorna

La “Linea Cadorna” è il nome dato ad un sistema di fortificazioni realizzato durante il periodo della prima guerra mondiale 1915/18 volute per contrastare una eventuale invasione nemica tedesca e austro – ungarica proveniente dalla Svizzera causato dal timore sulla volontà del Governo Elvetico di far rispettare la neutralità del proprio Paese e dall’entrata in guerra dell’Italia contro l’Austria.

Mentre la Svizzera intensificò i lavori di fortificazione verso l’Italia, realizzando opere di sbarramento a Gordola, Magadino, Monte Ceneri e sui monti di Medeglia, la Linea di difesa alla frontiera nord si estendeva dall’Ossola alla Valtellina con un sistema di trincee, postazioni di artiglieria alcune di queste costituite da caverne scavate nella roccia, e km e km di strade e mulattiere.

Insieme all’Ossola e alla Valtellina anche la Valgrande ne fu interessata, in quanto considerata punto strategico. sia pure marginalmente, vennero costruite delle fortificazioni anche nelle zone Passo Folungo e Monte Zeda, il Proman, e l’area da Bettola a Cuzzago a cui si riferiscono le immagini seguenti. Questa zona, in unione ai vicini Montorfano e Punta di Migiandone, era strategicamente importante in quanto qui è presente una strettoia particolare per la sua “larghezza” di 700 metri situata nel percorso dall’Ossola verso la pianura, zona importante anche in passato per il controllo dei traffici.

Con la fine della guerra il 4 Novembre 1918 le fortificazioni verranno dismesse ma come scrisse il generale Cadorna “Fu inutilizzata ma non inutile” perché la sua realizzazione comportò l’impiego di un gran numero di operai, unico aspetto positivo di quest’opera, procurando lavoro alle popolazioni locali non solo maschili ma anche femminili a causa dei frequenti richiami alle armi evitando così un destino di emigrante in cerca di lavoro a molti cittadini. 

Negli anni successivi, parte di queste strutture vennero utilizzate per le esercitazioni militari con lo scopo di inserirle negli anni ’30, nel progetto del Vallo Alpino con lo scopo di rendere inviolabili i 1851km di confine dello Stato italiano ma questo non si realizzò.
Anche durante il secondo conflitto mondiale la Linea Cadorna non venne mai utilizzata, esclusi due tratti, il Monte San Martino (VA) e l’Ossola (VB) che offrirono un riparo ai partigiani della Resistenza Italiana diventando le basi del Gruppo “Cinque Giornate” e dei partigiani della “Repubblica dell’Ossola”.
Nel 1949 le fortificazioni italiane, che non furono smantellate dal Trattato di pace del febbraio 1947, entrarono a far parte del Patto Atlantico, patto istituito per fronteggiare il blocco sovietico e piano che sminuirà la sua importanza con la caduta del muro di Berlino il 9 novembre 1989, data con la quale si può ritenere conclusa anche la storia della fortificazione italiana.

Attualmente la linea Cadorna rappresenta una preziosa testimonianza del passato, che racconta di strategie militari e della storia dell’Alto Varesotto ed è un’affascinante testimonianza di un capitolo fondamentale della storia italiana, talmente importante che, con una legge, ne è stato riconosciuto il valore storico-culturale. Alcune ristrutturate e valorizzate tramite l’individuazione di diverse itinerari di particolare interesse storico, didattico e naturalistici permettono di essere visitate in modo semplice anche in sella alle nostre bici.

Consigliamo di visitarle nei periodi primaverili quando la vegetazione non è troppo rigogliosa.